Lucy aveva sempre creduto di avere una famiglia felice e amorevole, ma dopo il divorzio si era ritrovata sola, sentendo di non avere più nulla al mondo. Poi, un giorno, la sua vita cambiò radicalmente quando una macchina quasi la investì. Fu in quel momento che incontrò un vecchio amico e tutto prese una nuova direzione.
Guardando una foto di famiglia, le risate sembravano risuonare nella sua mente, deridendola per ciò che aveva perso.
Mentre puliva la foto, rifletteva sulla felicità dipinta sui volti di tutti: sorrisi genuini, spensierati, uniti e sereni.
Ingoiò a fatica, le lacrime pungendole gli occhi al pensiero di Harry, suo figlio, ormai perso per lei.
Harry non rispondeva più alle sue chiamate e rifiutava di ascoltare la sua versione della storia. Suo marito infedele, James, gli aveva raccontato che era stata Lucy ad abbandonarli.
“Meglio così?” La voce di Miss Kinsley la riportò alla realtà nella sua casa immacolata.
“Oh, sì, Miss Kinsley,” rispose, asciugandosi gli occhi e forzando un sorriso.
“Sto solo un po’ stanca,” ammise.
Miss Kinsley la scrutò con dolcezza ma fermezza, inclinando leggermente la testa.
“Lucy, so che stai attraversando un momento difficile, ma penso sia tempo di parlare.”
Quelle parole colpirono Lucy come un sasso al petto. Il cuore le batteva forte, sapendo cosa sarebbe potuto seguire.
“Prometto che migliorerò, Miss Kinsley. So di essere stata lenta, ma farò del mio meglio, resterò positiva.”
Lei le rispose con uno sguardo pieno di compassione.
“Non è solo questione di velocità, Lucy. Vedo il tuo dolore, e so che fai il possibile. Ma mio figlio ha bisogno di un po’ di leggerezza in casa, capisci?”
Lucy ingoiò, la gola secca.
“Questo lavoro significa tutto per me. Farò del mio meglio.”
Miss Kinsley sospirò, posando una mano rassicurante sulla sua spalla.
“A volte lasciare andare è difficile, ma può aprire porte che ora non vedi. Spero che tu possa ritrovare la gioia. Sono grata per tutto quello che hai fatto.”
Lucy annuì, un “grazie” appena sussurrato, mentre la fragilità della sua vita sembrava affiorare.
Al semaforo, i ricordi più semplici della gioventù affollavano la sua mente: il liceo, le piccole preoccupazioni, le innocenti storie d’amore.
La vita sembrava tanto più facile allora, mentre ora il peso del dolore era schiacciante.
Improvvisamente un clacson assordante la scosse: un’auto sfrecciò quasi investendola, spruzzandole addosso acqua sporca.
Istintivamente si gettò in avanti, finendo seduta nell’acqua fangosa sul marciapiede.
L’autista, un uomo elegante ma infuriato, uscì sbraitando.
“Sei cieca?! Avresti potuto danneggiare la mia auto!”
La vergogna la invase mentre si rialzava, fradicia e impacciata.
Poi un secondo uomo uscì dall’auto posteriore, alto e distinto, con uno sguardo gentile e preoccupato.
“Sei ferita?” chiese con dolcezza, ignorando l’ira del compagno.
Lucy, ancora scossa, scosse la testa e accettò la sua mano tesa.
La portarono in una casa maestosa, dove venne accolta con calore e una tazza di tè.
L’uomo gentile si presentò come George, un vecchio amico del liceo, e presto Lucy si ritrovò a ricordare i tempi spensierati, le risate, la complicità.
Raccontò a George delle sue difficoltà: il divorzio, la lontananza da suo figlio, la perdita del lavoro.
George la ascoltò con attenzione, offrendo conforto e comprensione.
Ricordando la loro ultima notte insieme al ballo di fine anno, parlò con speranza di un possibile nuovo inizio.
Lucy sentì per la prima volta dopo tanto tempo un filo di speranza e un sorriso si disegnò sul suo volto.
Forse, finalmente, poteva guardare avanti.