«Per le vacanze ci trasferiamo da voi. Siamo pur sempre famiglia, quindi fate spazio! Ah, e preparate lo shashlik a tavola.»

Sul telefono di suo marito comparve un messaggio. Tatiana, notando la notifica della cognata, ebbe l’istinto di aprirla. Lesse fino in fondo e restò senza parole: l’arroganza di quei parenti superava ogni limite.

«Di nuovo? Così, come se niente fosse? Lo scrive come un dato di fatto! Ma non dovrebbero almeno chiedere il permesso? Chiedere se possiamo ospitarli? E poi… li vogliamo davvero qui?»

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«Con chi stai parlando, Tania?» urlò Boris dal bagno.

«Ah, non lo sai ancora! Lascia che ti rallegri la giornata,» rispose lei a voce alta, spalancando la porta. Boris si stava radendo. «Tua sorella, con marito e prole, ha deciso per l’ennesima volta che qui da noi sono attesissimi.»

Tatiana non si aspettava proprio che Nadežda avesse rimesso in piedi l’idea di una visita. Credeva di essere stata chiara l’ultima volta: questa casa non era un ostello a disposizione della cognata e del marito.

«Come lo sai? Ti ha chiamato Nadia?» chiese Boris, sorpreso. «Ieri ho parlato con loro, ma non ha accennato a niente.»

«È evidente. Non ti ha detto nulla sapendo che avremmo detto di no. Ti ha telefonato solo per capire se saremmo stati in casa o se avevamo programmi,» ribatté Tatiana, irritata.

«Se è davvero così… è uno sfacciato abuso di confidenza. Dopo il disastro dell’ultima volta, si ripresentano come se nulla fosse?»

«Esatto! E dopo che ho chiarito che qui non li voglio più vedere, se osano farsi vivi lo stesso… vuol dire che la vergogna non sanno neanche cos’è!» sbottò Tatiana.

«Tranquilla. Adesso chiamo e metto le cose in chiaro. Mia sorella deve capire che il suo “allegro quadretto familiare” qui non è gradito. Hanno scambiato casa nostra per un albergo. Peggio: per casa loro!» disse Boris, sciacquandosi il viso e afferrando il telefono.

Ma, chissà perché, non riuscì a rintracciare la sorella. Neppure il cognato rispondeva: telefoni muti, entrambi.

Un anno prima, Boris e Tatiana avevano lasciato la città per comprare una casa in un posto pittoresco lungo il fiume. Un villaggio comodo: vicino al capoluogo di distretto, alla statale e a due passi da un bosco verdissimo.

Boris, programmatore, lavorava da remoto da tempo. Tania, laureata in giurisprudenza, dopo un periodo in tribunale e in uno studio legale, aveva scelto la consulenza online: lavoro da casa, pratico e flessibile. Messa da parte la somma necessaria, avevano scambiato il loro soffocante bilocale al dodicesimo piano con una bella villetta di campagna.

Non avevano venduto l’appartamento in città, perché la figlia era all’ultimo anno di liceo. Decisero che Nastja sarebbe rimasta lì fino al diploma, poi l’università. Così, dalla città, la ragazza andava a trovare i genitori solo di tanto in tanto.

Neppure il tempo di ambientarsi — con i lavori di ristrutturazione ancora a metà — che erano arrivati i primi “ospiti”: i parenti di Boris, cioè la sorella Nadežda con il marito e tre bambini piccoli.

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