Quando la moglie lo abbandona, un uomo cresce da solo la figlia. Vent’anni dopo, una donna la cerca. Storia del giorno.

«Che succede?» domandò, asciugandosi in fretta le poche lacrime che le rigavano le guance.

«Ti ho tenuta al riparo da tutto questo per anni. Ma hai ragione: ormai sei grande abbastanza per sapere come stanno le cose», disse piano Chris, aprendo un video sul telefono. Sullo schermo comparvero Fiona e suo padre che litigavano furiosamente: era la metà degli anni Duemila, quando Anne era ancora un’adolescente.

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Chris alzò il volume e Anne sentì la madre urlare minacciando di trascinarlo in tribunale e portarle via la figlia. Nel filmato si vedeva poi Chris porgerle del denaro. Fiona sfoggiò un sorriso compiaciuto, da gatto con il canarino tra i denti, e se ne andò. Il video si interruppe e suo padre ne avviò un altro, girato qualche anno dopo.

Ce n’erano diversi, tutti uguali nella sostanza. «La prima volta non ho ripreso nulla. Poi il mio avvocato mi ha consigliato di farlo. Ho installato telecamere in casa, senza sapere se sarebbe tornata a chiedere altri soldi», mormorò, con la bocca serrata, cercando di tenere a bada l’emozione.

«Chris ha cercato di proteggerti da Fiona», spiegò con un filo di voce.

«Ma… se fosse davvero cambiata? Ha pagato il pranzo, forse è vero che ha un marito ricco», azzardò Anne, rifiutandosi di pensare il peggio di sua madre.

«Oh, tesoro…» sospirò lui, abbassando lo sguardo. «Guarda questo. È stato registrato ieri. Immagino ti abbia lasciato quel biglietto subito dopo.»

La prova era lampante: Fiona indossava gli stessi vestiti del giorno prima e, ancora una volta, pretendeva denaro.

«Ma perché darle qualcosa? Ormai sono adulta. Non può più portarti in tribunale», disse Anne, con gli occhi lucidi.

«Non volevo che tornasse a immischiarsi nella tua vita. Potrebbe ferire te ed Edward. È tossica. Volevo che sparisse. E continuerei, se tu lo volessi», disse Chris guardandola con un affetto infinito. Anne sapeva che, a modo suo, l’aveva fatto per proteggerla.

«No, papà. Finisce qui. Stavolta ci penso io», decretò, asciugandosi le lacrime.

Qualche giorno dopo, Fiona si presentò con il suo solito sorriso mellifluo. «Tesoro! Che gioia sentirti! Ho adorato pranzare con te l’altro giorno! Allora? Hai pensato a quello che ti ho chiesto? Sei pronta a perdonarmi?»

«Certo, mamma», rispose Anne. Quella parola fece brillare gli occhi di Fiona. «Ma oggi offro io. Ordina pure quello che vuoi.»

«Meraviglioso, piccola mia!» esclamò, sfogliando il menù con entusiasmo. Ordinò astice, caviale, una sfilza di antipasti, dolci e due bottiglie dei vini più costosi. Sapeva bene che Anne lavorava alla Harrison Group.

Dopo quasi due ore di abbuffata, Fiona si alzò con una scusa. «Vado un attimo in bagno, tesoro. Perché non chiedi il conto? Poi facciamo qualcosa di carino insieme», disse, e sgattaiolò via.

Anne fece esattamente come suggerito. Chiese il conto, vi attaccò un post-it e lo lasciò sul tavolo. «La signora pagherà al suo ritorno», disse al cameriere, che la guardò perplesso.

Quando Fiona rientrò, vide subito il biglietto:

«Pranzo delizioso, vecchia arpia. Buona fortuna con il conto.»

Le si spalancò la bocca per lo stupore e frugò con lo sguardo la sala alla ricerca della figlia.

Anne non la rivide più. In seguito, però, seppe che Fiona aveva fatto un putiferio quando si era ritrovata senza soldi per pagare il conto.

Cosa impariamo da questa storia?

Non tutti sono fatti per essere genitori. Fiona non ha mai meritato quel titolo: per anni ha messo se stessa davanti a tutto.

Le prove contano. Se subite pressioni, ricatti o molestie, documentate ogni cosa: registrazioni e video possono dimostrare la verità.

Condividete questa storia: magari strapperà un sorriso a qualcuno e, chissà, potrà ispirarlo a mettere dei confini sani.

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