Il giorno che doveva essere solo mio
Un matrimonio dovrebbe essere il coronamento di un sogno, il giorno perfetto che resta inciso nella memoria per sempre. Per me, invece, quella mattina è stata l’inizio di una battaglia tra amore, rivalità e tradimento.
Mi ero svegliata presto, col cuore in tumulto: emozione e ansia si intrecciavano dentro di me. Finalmente stava per arrivare il momento che avevo aspettato per anni. Io e Dem’jan avevamo fatto sacrifici enormi per realizzare quella festa: turni infiniti di lavoro, rinunce a ogni piccolo piacere, notti insonni passate a contare rubli e programmare ogni dettaglio. Tutto per vivere una giornata da favola.
Quando sono arrivata alla location, un’ora prima, desideravo solo un attimo di pace: respirare profondamente, rivedere il trucco, assaporare un calice di champagne in silenzio prima di percorrere la navata.
Ma appena entrata nella sala, il respiro mi si è fermato in gola.
All’altare non c’era il mio sposo, ma mia sorella Joséphine… vestita da sposa.
Credevo di sognare. Alcuni ospiti, già arrivati, la guardavano con imbarazzo, mentre lo staff correva a sistemare gli ultimi dettagli. Lei, con naturalezza, aggiustava il velo come se fosse il suo giorno.
«Anja!» mi ha sorriso con un tono beffardo. «Sei in anticipo. Volevo farti una sorpresa.»
Sorpresa? Non riuscivo neanche a parlare. Lei ha continuato: «Perché sprecare una location così bella? Due matrimoni in uno: geniale, no? Igor voleva sposarmi subito, e ho pensato che fosse l’occasione perfetta.»
Il mondo mi è crollato addosso. Per tutta la vita Joséphine aveva preso da me: vestiti, idee, attenzioni. Ma rubarmi persino il matrimonio? Quello era oltre ogni limite.
Gli invitati bisbigliavano, il suo promesso sposo stesso, Igor, era visibilmente a disagio. «Mi avevi detto che tua sorella era d’accordo», le ha rimproverato con voce incrinata.
Così ho preso il controllo. Ho guardato la wedding planner e, con calma, ho detto: «Organizziamo pure la cerimonia di mia sorella. Ma prima paga. Questo non è incluso nel contratto: musicisti, registrazioni, ospiti extra… ogni cosa ha un prezzo.»
Il volto di Joséphine è diventato cera. Ha cercato l’appoggio di nostra madre, ma perfino lei le ha voltato le spalle: «Hai tramato alle nostre spalle, risolvila da sola.»
E Igor, disgustato, l’ha lasciata lì davanti a tutti: «Non posso sposare una donna capace di simili inganni.»
Alla fine, Joséphine è stata accompagnata fuori, e il mio matrimonio è tornato ad essere mio. Ho percorso la navata tra lacrime di emozione e applausi sinceri, unita per sempre all’uomo che amavo.
Più tardi, la sera, qualcuno ha bussato alla porta. Era lei. Non più arrogante, ma fragile e distrutta. Mi ha supplicato di lasciarla entrare, di perdonarla. Ho visto nei suoi occhi un dolore autentico, ma anche l’ennesimo tentativo di trascinarmi giù con lei.
Le ho concesso cinque minuti, poi le ho detto ciò che non avevo mai osato dirle: «Hai passato anni a togliermi tutto. Da oggi, paghi le conseguenze delle tue scelte. Io non ti salverò più.»
Le ho chiuso la porta in faccia.
E per la prima volta in vita mia, mi sono sentita libera.
Epilogo
Quella giornata non è stata soltanto il mio matrimonio, ma il momento in cui ho capito che difendere se stessi è un atto di amore verso la propria vita. A volte, lasciar andare persino i legami più stretti è l’unico modo per ritrovare la pace e ricominciare davvero.