Una storia di amore inaspettato: come una nonna dimenticata ha trovato casa
Quando si parla di adozione, tutti pensano a un bambino. È un gesto che suscita sorrisi, approvazione e persino lacrime di commozione. Ma se ti dicessi che ho fatto qualcosa di simile… anche se in una forma del tutto diversa? Io non ho adottato un bambino da un orfanotrofio. Ho riportato a casa una nonna dimenticata in una casa di riposo. Una donna che non era mia parente, che nessuno più andava a trovare.
Molti, quando lo hanno saputo, mi hanno guardata come se fossi impazzita.
«Ma sei sicura? Hai già le tue figlie da crescere, la vita non è semplice. Perché complicarti così l’esistenza?» mi dicevano. Persino le amiche con cui condividevo il caffè ogni settimana scuotevano la testa. Ma dentro di me sentivo che stavo facendo la cosa giusta.
Ero rimasta sola con le mie due bambine dopo la perdita di mia madre, otto mesi fa. Un dolore che ancora oggi stringe il cuore. Il silenzio in cucina, il posto vuoto sul divano… la casa era diventata più grande, ma più vuota. Eravamo in tre, ma ci sentivamo come orfani.
Un mattino, però, ho avuto un pensiero chiaro: noi avevamo affetto da dare, una casa calda e braccia pronte ad accogliere. Da qualche parte, c’era sicuramente qualcuno che non aveva più niente.
Quella persona era Rossane, la mamma di un mio amico d’infanzia. Una donna che ricordavo con amore: i suoi biscotti appena sfornati, la risata contagiosa, il calore con cui accoglieva chiunque varcasse la porta. Poi la vita le aveva voltato le spalle: il figlio, travolto dall’alcol, aveva venduto la casa e l’aveva lasciata sola. Alla fine, Rossane era finita in una struttura.
Ogni tanto io e le bambine andavamo a trovarla, portando frutta e dolci. Lei sorrideva, ma nei suoi occhi c’era una tristezza profonda, un senso di abbandono che non riusciva a mascherare. E io sapevo che non potevo continuare a voltarmi dall’altra parte.
Quando le proposi di venire a vivere con noi, non dimenticherò mai la sua reazione: le mani che mi stringevano forte, le lacrime che scendevano senza freni, la voce che non trovava le parole. Il giorno in cui la riportammo a casa, sembrava una bambina emozionata con la sua piccola valigia.
Oggi, dopo quasi due mesi, posso dire che è rinata. Si alza prestissimo, prepara la colazione, si prende cura della casa e gioca con le bambine come se fosse la loro nonna di sangue. Lilly, la più piccola, dice sempre: «La nonna Rossane è la mia migliore amica». La casa ha ritrovato un’anima, e anche noi.
Non mi sento un’eroina. Ho solo imparato che la gentilezza trova sempre una strada, anche quando credi che il tuo cuore non sia più capace di amare. Non ho adottato un bambino, è vero. Ma ho salvato una nonna dall’oblio. E forse, proprio per questo, ho compiuto il gesto d’amore più autentico della mia vita.