Il bambino si destò al suono del lamento della madre.

Il bambino si svegliò al lamento soffocato della madre. Si avvicinò al suo letto e le chiese preoccupato:
— Mamma, ti fa male?
— Matvejka, portami un po’ d’acqua, per favore!
— Arrivo subito, — corse in cucina.
Tornò poco dopo con una tazza colma:
— Ecco, mamma, bevi un po’.

All’improvviso si sentì bussare alla porta.
— Figliolo, apri! È arrivata la nonna Nina.

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Entrò la vicina, stringendo tra le mani una grande tazza calda.
— Come stai, Masha? — tastò la fronte della donna — Hai la febbre. Ho portato del latte caldo con burro.
— Ho già preso le medicine, — rispose la malata.
— Dovresti andare in ospedale, lì ti curano bene. Devi mangiare meglio, ma il tuo frigorifero è quasi vuoto.
— Zia Nina, ho speso tutti i soldi per i farmaci, — gli occhi di Maria si riempirono di lacrime — Non serve a niente.
— Devi andare in ospedale.
— E chi starà con Matvejka?
— E chi lo accudirebbe se tu non ci fossi più? Hai meno di trent’anni, non hai né marito né risorse, — le accarezzò la testa — Devi reagire, non piangere così!
— Zia Nina, cosa posso fare?
— Aspetta, chiamo il medico, — disse la vicina tirando fuori il telefono.
Fece una chiamata, raccolse informazioni, poi disse:
— Hanno detto che devi andare entro oggi. Quando arriverà l’ambulanza, manda Matvejka con me.

La vicina uscì nel corridoio, seguita dal bambino:
— Nonna Nina, mamma guarirà?
— Non lo so, dobbiamo pregare Dio, ma tua madre non crede in Lui.
— E il nonno Dio potrà aiutarci? — negli occhi di Matvej brillava una speranza innocente.
— Bisogna andare in chiesa, accendere una candela e pregare. Ora vado io.

Il bambino tornò accanto a sua madre, pensieroso:
— Matvejka, starai sicuramente affamato e qui non c’è nulla. Porta due bicchieri.

Quando tornò, la madre versò il latte:
— Bevi!

Lui bevve, ma la fame non lo abbandonava. Maria lo capì subito. Con fatica si alzò, prese il portafoglio dal tavolo e disse:
— Ecco cinquanta rubli. Compra due pasticcini e mangiane uno per strada, io intanto preparo qualcosa. Vai!

Accompagnò il figlio alla porta e, appoggiandosi al muro, si diresse in cucina. Nel frigorifero c’erano solo alcune scatolette di pesce economiche e un po’ di margarina; sul davanzale qualche patata e una cipolla.
— Farò una zuppa…

Le girò la testa, priva di forze, e si lasciò cadere sullo sgabello:
«Cosa mi sta succedendo? Non ho più energie. Ormai metà delle ferie è passata e i soldi sono finiti. Se non torno a lavorare, come farò per preparare Matvej alla scuola? Tra poco inizierà la prima elementare. Non ho parenti, nessuno che mi aiuti. E questa malattia… Avrei dovuto già andare in clinica. Ma se mi ricoverano, chi rimarrà con Matvejka?»

Si rialzò a fatica e cominciò a sbucciare le patate.

La fame la tormentava, ma i pensieri del bambino erano altrove:
«Ieri mamma non si è alzata dal letto per tutto il giorno. E se… morisse davvero? Zia Nina ha detto che dobbiamo chiedere aiuto al nonno Dio», si fermò, poi si diresse verso la chiesa.

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